Idee che non diventano martirio non valgono nulla

Vicenza – L’indipendentismo veneto è trasandato, trascurato, disordinato, sciatto, disadorno, becero. Dopo decenni non ha ancora espresso una Intelligencija all’altezza della situazione. Si è sempre affidato a politicanti d’ogni genere.

Se prendiamo per buona la constatazione che la storia di quest’area ha un’identità che fu internazionale, con una lingua franca parlata in tutto il Mediterraneo, allora non possiamo che dare ragione a Paulò Freire (La pedagogia degli oppressi), il sociologo brasiliano che avviò una radicale riforma della pedagogia. Egli sostiene che i vinti ricevono l’educazione e un’altra lingua dai vincitori, e con quegli strumenti sono tenuti sottomessi. «Sono forze che operano inavvertite sul corpo sociale e su quello individuale di ognuno di noi, modellandolo» come denunciava anche Pier Paolo Pasolini. Chi controlla le tue parole decide la lingua dei tuoi sogni e persino la tua postura, come cammini. Desideri quello che un altro vuole che tu desideri. E, soprattutto, ti abitui a desiderare meno di lui.

Noi spesso assumiamo il ruolo degli agitatori di idee. Provochiamo la speculazione intellettuale, e non vogliamo certo l’individuazione di un leader disposto al martirio. Tuttavia è singolare che periodicamente il “romantico” di turno ci segnali:

  • Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 Grafico delle Nazioni Unite
  • Risoluzione n. 1514 (L) XV / 1960
  • Risoluzione n. 2200 / A del 1966
  • Risoluzione n. 2625 (XXV) / 1970
  • Risoluzione n. 276 del Consiglio di sicurezza (1970) Timor Est, sentenza del 1995 dove si affermano gli effetti della componente essenziale “erga omnes” 
  • Risoluzione n. 3314 (XXIX) / 1974
  • Art. 1 – C 169 Convenzione sui popoli indigeni e tribali – Organizzazione internazionale del lavoro (O.I.L.) del 1989
  • Risoluzione n. 61/178 del 20 dicembre 2006
  • Risoluzione n. 61/295 del 13 settembre 2007
  • Risoluzione A / RES / 67/19 del 29 novembre 2012
  • In aggiunta a quanto sopra, rivendicano anche i diritti ereditari, e i relativi effetti, derivanti dal Decreto Legislativo n. 212 del 13 dicembre 2010, che ha abrogato il decreto n. 3300 del 4 novembre 1866 (protocollo n. 2799) e successiva conversione in legge n. 3841 del 18 luglio 1867 (Protocollo n. 3260), quale unica base giuridica della Giurisdizione italiana nei Territori Veneziani, in seguito al risultato del Plebiscito del 21 e 22 ottobre 1866, su cui tale giurisdizione era basata.

Per tutti questi “diritti” qualcuno si domanda: “esiste dunque un giudice a Berlino”? Una frase che è stata mutuata dalla storia nella quale si narra di un mugnaio che lotta tenacemente contro l’imperatore per vedere riparato un abuso. A questo punto se le Corti italiane (per comprensibile conflitto d’interessi?) non dimostrano grande attenzione, ad oggi nemmeno le Corti internazionali sembrano adatte alla bisogna: 

  • Il Tribunale internazionale dell’Aia, dirime le dispute fra Stati membri delle Nazioni Unite che hanno accettato la sua giurisdizione. Ma i veneti non hanno uno Stato, e nemmeno appartengono all’Onu.
  • Per ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sarà necessario che il ricorso presentato rispetti le istruzioni enunciate all’articolo 47 del regolamento della Corte, il quale indica le informazioni, le copie dei documenti e decisioni idonei a dimostrare che il ricorrente ha esaurito le vie di ricorso interne (nel nostro caso: italiane. Ndr) e rispettato il termine previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. 
  • La Corte di giustizia delle Comunità europee è un’istituzione dell’Unione europea; ha sede a Lussemburgo e si compone di un giudice per ogni Stato membro dell’Ue e otto avvocati generali; non va confusa né con la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (che dipende dall’Onu), né con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (parte del Consiglio d’Europa). La sua funzione è di garantire che la legislazione dell’Ue sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione; in altre parole, la Corte ha il compito di garantire l’osservanza del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati istitutivi dell’Unione europea, nell’interpretazione e nell’applicazione della Costituzione europea. Essa vigila, dunque, affinché gli Stati membri e le istituzioni agiscano conformemente alla legge e ha il potere di giudicare le controversie tra Stati membri, istituzioni comunitarie, imprese e privati cittadini. Ma anche qui gli indipendentisti veneti non hanno titolo.
  • Insomma, lo ripetiamo, ma altri e più autorevoli di noi lo hanno già affermato: un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto. Non è valso nemmeno ai catalani che si sono visti manganellare dalla Guardia civil; né i catalani – pur con il loro vastissimo seguito popolare – hanno ottenuto “udienza” a livello internazionale che li abbia tutelati nei loro “diritti”. L’Ue ha sostenuto la Spagna. In compenso i loro leader sono tuttora in prigione o esuli.

    Non diversa è stata la repressione della vicenda dei cosiddetti “serenissimi” che furono dileggiati con l’appellativo di “Brigata mona”. Subirono l’assolto dai Gis dei carabinieri, e condanne pesantissime se rapportate a quanto effettivamente hanno fatto. Ancora: ai giorni nostri c’è una contrapposizione tra Cina e Taiwan. Ma nemmeno lì il “diritto” degli eredi di Chiang Kai-Shek, che sconfitto nel 1949 si ritirò con le sue truppe superstiti a Taiwan dando vita alla Repubblica di Cina o “Cina nazionalista”, è riconosciuto dalla Cina continentale o comunista che non esclude il ricorso alla forza.

    Perché la stragrande maggioranza dei veneti non seguono l’indipendentismo autoctono? A parer nostro per un semplice motivo: da che mondo e mondo, il “cliente” che fa prosperare una qualsiasi “azienda” è il cliente soddisfatto. E per avere veneti veramente soddisfatti dell’autodeterminazione, è necessario dare un valore enormemente superiore, rispetto al prezzo che essi spendono per averlo.

    Ma purtroppo non hanno mai promosso un progetto politico convincente, né si sono presi la briga di adottare almeno uno dei lavori del costituzionalista Gianfranco Miglio. Nel tempo in cui si erano impegnati nella realizzazione di un «Libro Bianco» che doveva contenere le proposte concrete, la realizzazione delle quali avrebbe dato ragione e consenso popolare per perseguire l’autodeterminazione, ancora una volta, hanno preferito credere al “mago della pioggia” di turno che per mezzo di un preteso referendum digitale, e un altrettanto preteso riconoscimento internazionale non ha portato a niente.

    Come a nulla è servito il referendum consultivo regionale voluto da Luca Zaia & Co., addirittura sostenuto da molti pseudo leader indipendentisti che sono giunti a sollecitare il voto su tale ridicolo esercizio della sovranità popolare. Proprio in questi giorni il “sistema” doveva dare ai veneti un’autonomia simile a quella del Trentino-AltoAdige, ma la questione ancora non è pervenuta.

    Il progetto del «Libro Bianco» (allo stato attuale solo parzialmente elaborato) andrebbe quindi ripreso da quegli indipendentisti che non sono degli Zio Tom o dei “tartuffe”, tutti soggetti affetti da incoerenza etica, poiché – come ebbe a dire il Prof. Giovanni Sartori – un popolo sovrano che non ha nulla da dire di suo, senza opinioni proprie, conta come il due di coppe […] tutto l’edificio della democrazia poggia sull’opinione pubblica, e su un’opinione che nasca dal seno dei pubblici che la esprimono. Il che significa che le opinioni “nel” pubblico devono anche essere opinioni “del” pubblico, opinioni che in qualche modo e misura il pubblico si fa da sé.

    Enzo Trentin

    vicenzareport.it

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