PILLOLE DI GOLF/295 – CAMPI/21: GOLF CLUB CA’ AMATA

A Castelfranco Veneto si va in buca in un’atmosfera settecentesca
CASTELFRANCO VENETO – Realizzato all’interno del parco della settecentesca villa di cui porta il nome, il Campo si presenta leggero, con un percorso allegro, e trasmette all’ospite un’atmosfera romantica. Le 18 buche si sviluppano in 75 ettari di terreno pianeggiante, reso movimentato dal progettista, l’architetto Marco Croze. Due terzi del percorso, ben 11 buche, godono la presenza dell’acqua di cui è ricco il territorio, e che l’artefice ha saputo sapientemente valorizzare con un sistema di laghetti e canali. Aperte le prime nove buche il 1° gennaio 1992, nel 2010 il percorso viene rivisitato: le nove buche diventano18. Ero frequentatore di quelle prime 9 buche, mi piacevano, erano belle, sempre con particolari graziosi. Si chiamava Golf Castelfranco all’epoca il Club, Cà Amata fu chiamato in seguito, dopo la rivisitazione del Campo. Tuttavia, già ai primi del Settecento, era proprio quella parte di territorio a essere conosciuto come Cà Amata. E fu così che tale nome venne scelto dall’ingegnere-architetto Giovanni Rizzetti, per edificare la sua dimora, appunto Villa Cà Amata.
Era per me molto piacevole veder correre conigli selvatici, o erano lepri? E passeggiare gruppi di anatre impettite. Si godeva di quelle essenze arboree a suo tempo correttamente scelte, e usate a corredo della villa. Era di valore il sapiente posizionamento di muretti, cascatelle, ponticelli, che conferiscono all’ambiente quel particolare rustico gentile. E ancora, il vezzo di arricchire alcuni angoli con piante di fiori. La notizia che si sarebbe messo mano al Campo per rimaneggiarlo, ricordo che mi lasciò perplesso: timoroso che andasse perduta quell’aria particolare che tanto mi piaceva, che trovavo rilassante. Il lavoro si fece, e andai all’inaugurazione. In quella occasione ebbi l’opportunità di osservare la trasformazione, gentilmente accompagnato dall’architetto Marco Croze, che ne è stato l’autore nella sua interezza. Il Campo, la cui superficie insisteva prima totalmente in Comune di Castelfranco, ora occupa parte del Comune di Riese. Posso confermare che il Campo non ha perso la sua caratteristica, la sua aria settecentesca; è stato solamente completato, aumentando il suo valore sportivo. Quei divertenti animali selvatici sono ancor presenti, a render vivace la campagna.
A conferire all’ambiente quel tono raffinato è certamente anche Villa Ca’ Amata, annoverata nel gruppo delle Ville del Giorgione. Realizzata agli albori del ‘700, la villa, opera del Rizzetti che pur tenendo conto dell’insegnamento palladiano, nella costruzione volle applicare i suoi studi sull’illuminismo; i principi a lui tanto cari della ”media armonica proporzionale”, nell’arte del costruire. Si trattava in sostanza della necessità di armonizzare l’altezza dei vani dell’edificio in relazione alle dimensioni della base. L’Illuminismo, una scuola in opposizione ai sistemi di Newton, vide nascere lì un cenacolo di “accademici”, in testa il matematico Jacopo Riccati, che con la matematica trovò la risoluzione dell’importante principio dell’armonia. Da qui scaturì il Teatro Accademico, un’opera espressione della massima bellezza, sempre attuale. E non solo il teatro, si pensi alle altre Ville, alla regina delle Ville del Brenta, nota in tutto il mondo: Villa Pisani a Strà.
Il Rizzetti, voleva costruire per sè una villa come sua nobile dimora, nel rispetto delle tendenze dell’epoca: importante casa di campagna al servizio dell’agricoltura, senza i fasti delle Ville Venete. E infatti, la villa non ha giardino, ha invece le barchesse, in linea con la villa. Il pregio di questo aspetto, che la legava alle colture, si può apprezzare ancora oggi: lungo il percorso che abbraccia la villa, ti capita di passare accanto a un campo coltivato a vigna, dove è molto simpatico allungare il braccio e cogliere un grappolo d’uva.
A occuparsi della rivisitazione del Campo è stato, alcuni anni fa, un importante costruttore, l’architetto Diego Carron, che affidò l’incarico all’architetto Croze. Ben disposto verso il gioco del Golf, Carron ha preso in affitto per vent’anni il Campo, ed ha anche assunto la presidenza del Club, mentre la proprietà è rimasta alla famiglia titolare della Villa. L’intento di Carron è di lanciare il Club a respiro internazionale, attraverso la realizzazione di pacchetti turistici che richiamino golfisti interessati alle bellezze del territorio, che francamente sono molte. Nella Marca Trevigiana, culla di bellissime cittadine d’arte, una di particolare spicco è proprio Castelfranco Veneto, nella cui giurisdizione ricade Cà Amata. La città del Giorgione, dalle belle mura merlate risalenti alla fine del 1100 è ricca di storia, ed esprime al meglio le caratteristiche della “Marca Gioiosa et Amorosa”. Ha un castello medievale in ottimo stato di conservazione, diede i natali a Giorgione, di cui custodisce l’antica dimora, e del quale, in una cappella del Duomo, è conservata la famosa Pala. Come noto, Il Giorgione fu sommo pittore rinascimentale, importante esponente della scuola veneta. Il teatro accademico, è un vero gioiello, si rifà a quel particolare Illuminismo del Settecento Veneziano. Importante per la città è poi il Conservatorio di musica “Agostino Steffani”, che si avvale dell’auditorium proprio del Teatro accademico. Se poi ci spingiamo fuori della città, troviamo attorno ben 16 Ville Venete, tutelate dall’Istituto Regionale. Per citarne alcune, incontriamo Villa Barbaro, Villa Revedin, Villa Bolasco.
Non manca il divertimento. Trovandosi a soggiornare a fine settembre, si può assistere al palio e alla Festa dei Borghi, pittoresche manifestazioni in costume d’epoca, che si tengono dentro alle mura del castello. Poi, a dicembre, la fiera del Radicchio Castellano, quando viene premiata la miglior produzione, con punti di ristoro che propongono menu a tema.
È molto tempo che non gioco a Cà Amata. Sono impaziente di rivedere quelle particolarità che ricordo molto bene, come il piacere della sosta nella Club house inserita in quella calda costruzione agricola del tempo passato, che si apriva su un cortile pavimentato in vecchio cotto. Il ristorante ha una bella dipendenza in questo scoperto silenzioso e ombroso, dove è piacevole pranzare all’aperto, e dove ho sempre mangiato bene. Ricordo quel rialzo, con un piccolo prato in cui era sistemato il putt in green: bisognava insistere, provare e riprovare. Su un lato apre la sua porta il Pro shop, ben fornito; la uso ancora oggi quella bella sacca Brooks acquistata lì, circa 20anni fa. Cà Amata, è un po’ che non vengo, non tarderò ancora molto!
Paolo Pilla


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