Gli astanti – di cui circa la metà non ha gli occhi puntati sulla fontana, ma è intenta a scattare selfie di spalle – sono diventati così numerosi che è impossibile aprirsi un varco.
Un tale affollamento può essere osservato regolarmente anche a Termini, la stazione centrale di Roma, dove file di viaggiatori sotto il sole cocente aspettano l’arrivo di un taxi libero. E recentemente, un giovane americano privo di discernimento è riuscito a incidere il suo nome nel muro del monumento millenario del Colosseo, sfuggendo all’attenzione della folla.
Questi sono tre diversi risultati di ciò che in inglese viene chiamato “overtourism” e in italiano “sovraturismo”. Il fenomeno è globale, ma è particolarmente evidente in Italia, che accoglie ogni anno più turisti rispetto ai suoi abitanti. L’Italia è una meta amata dagli appassionati di Antichità, Rinascimento e bel tempo sin dal XVI secolo.
Il turismo contribuisce al 13% del prodotto interno lordo italiano. Quest’anno verrà raggiunto un nuovo record: +27% rispetto all’anno precedente e persino oltre i 65 milioni di turisti pre-pandemia.
Tuttavia, sempre più luoghi sembrano aver raggiunto, se non superato, i limiti della crescita e ciascuno sta cercando a modo suo di affrontare la situazione. Venezia, in procinto di essere inserita nell’elenco dei patrimoni mondiali in pericolo dell’UNESCO, da due anni esclude le navi da crociera dalla sua laguna e dallo scorso estate richiede dai 3 ai 10 euro di ingresso per accedere alla città. Il comune di Roma aumenterà il numero di licenze taxi, sarà più restrittivo nel rilasciare permessi per i B&B e ha aumentato drasticamente la tassa di soggiorno a 5-10 euro a persona al giorno. La provincia di Bolzano ha stabilito un numero massimo di pernottamenti. Su alcune spiagge della Sardegna è stata introdotta una sospensione delle visite. A Capri i gruppi non possono sostare in strada. Sui sentieri rustici delle Cinque Terre in Liguria, l’uso di ciabatte o sandali può costare fino a 2500 euro di multa.
Insomma, una serie di misure la cui efficacia è incerta. Tuttavia, esiste una possibile soluzione per l’intero paese, ovvero di deviare il flusso turistico dalle mete più affollate verso regioni meno visitate. Come avviene in Francia, che può ospitare più del doppio dei turisti rispetto all’Italia. Sostituire Venezia con Padova, Milano con Bergamo, Firenze con Arezzo e Roma con i Castelli Romani.
È facile dirlo, ma per realizzarlo è necessaria una politica nazionale. E in Italia questa manca. Il paese ha un Ministero del Turismo, ma ha scarsa influenza poiché il turismo è di competenza regionale, non nazionale. E far convergere tutte le regioni italiane verso un obiettivo comune è un compito che finora nessun governo è riuscito a portare a termine.
Pur con problemi evidenti non sembra esserci una reale volontà da parte delle autorità locali di far fronte al problema del “sovraturismo” o “overtourism”. Questo è percepito solo in termini di affollamento che non è ritenuto un problema rilevante ma anzi indice di successo della località turistica.
Il termine overtourism piuttosto indica le ricadute negative che le comunità locali hanno quando la gestione del turismo prescinde dalle necessità che queste hanno.
Venezia è un caso eclatante, più volte segnalato dell’Unesco. Proprio quest’ultimo ha recentemente denunciato la scarsa efficacia o l’assenza di misure per contrastare le ricadute negative sulla città: fuga dei residenti e perdita di servizi per la residenza di lungo termine, economia totalmente adagiata sull’industria turistica. In generale un ambiente “ostile” verso chi vuole abitare stabilmente nelle isole. Ad esempio il ticket di ingresso (misura comunque dagli esiti incerti) è stata più volte annunciato ma mai applicato. Non è stata applicato quest’anno ed è stato rinviato all’anno prossimo.
La normativa specifica attribuita a Venezia per contenere il mercato degli affitti brevi che sottrae con numeri crescenti spazio alla residenza, non è stata ancora implementata dal Comune. Da alcune dichiarazioni sembra inoltre che sarà assolutamente blanda e scarsamente incisiva.
Di fatto però la politica locale non fa che riflettere una generale tendenza della politica nazionale nell’ ignorare il fenomeno che non è percepito come un problema. Ancor meglio a volte è dichiarato tale solo a parole ma gli atti concreti vanno in senso diametralmente opposto.