Indipendentismo, nasce l’Asenblèa Veneta

Vicenza – Sabato primo dicembre, ha preso il via a Limena, vicino a Padova, quella che potremmo definire la prima  «organizzazione single issue» (per singola questione) veneta, in grado di riunire i suoi aderenti su obiettivi specifici e destinata a sciogliersi una volta raggiunto lo scopo prefisso. Gli iscritti, che saranno unicamente persone singole e non potranno aderire se hanno cariche istituzionali o di partito, saranno così affrancati dall’esigenza di assicurare una fedeltà irrazionale ed eterna al leader di partito o movimento; la cui struttura è notoriamente ordinata per la conquista del potere, innanzitutto attraverso il ricorso alla corruzione ed al clientelismo.

La conferenza, è stata promossa da alcuni intellettuali notoriamente super partes. L’«Asenblèa Veneta» (AV), sarà legalmente formalizzata in questi giorni, si doterà di un portale Internet che conterrà tutto l’ampio panorama dell’indipendentismo, non solo veneto ma anche internazionale. Vorrà anche essere il luogo deputato per la formazione e il lavoro di quella Intelligencija che sul territorio esiste, ma che sinora – anche per l’esistenza di conflittualità e rivalità partitiche – non ha trovato il terreno ideale per esprimersi.

Nel corso del dibattito che si è sviluppato è stata fatta un’analisi delle ragioni economiche, scientifiche e storiche che militano a favore di un distacco dall’unità italiana al fine di permettere a ogni comunità di crescere e governarsi al meglio. La libertà del Veneto non danneggerebbe le altre realtà italiane, ma al contrario il superamento dell’unità può aiutare tutti e favorire l’uscita dall’attuale crisi. Non possiamo trascurare che pur nell’esistenza degli imperi del passato, la penisola italica ebbe il suo massimo sviluppo economico, culturale e artistico proprio nella peculiarità della civiltà comunale. 

E siccome la crisi non è solo italiana, ma europea e mondiale, l’attività di Av assumerà anche un carattere internazionale. In questo senso la presenza (a Limena) e il saluto dalla Catalogna ad opera di Marc Gafarot per conto dell’Assemblea Nazionale Catalana (Anc), organizzazione che, nata nel 2011, ha promosso le mobilitazioni che in Catalunya hanno portato milioni di persone a manifestare per le strade e le piazze e che insieme ad Omnium Cultural ha realizzato la campagna «Ara és l’hora» (È giunto il momento). Tra i prossimi appuntamenti pubblici è stata annunciata un’iniziativa di internazionalizzazione della crisi catalana, in difesa dei prigionieri politici catalani (da più di un anno incarcerati in attesa di giudizio) e a sostegno della battaglia per la libertà della Catalogna. Proprio in questa ottica alla riunione di Limena s’è riscontrata anche la presenza di osservatori di Assemblea Nazionale Catalana e dell’università di Madrid.

L’Asenblèa Veneta sarà una realtà politica, ma non partitica, e non concorrerà ad alcuna elezione. Produrrà solo ideali, battaglie, idee, progetti, il tutto al fine di lasciare prospettive migliori alle generazioni future. Essa si ispira proprio ad Anc, mutuandone lo Statuto con gli ovvi adattamenti. Av si propone di agire sulla società civile (favorendo una crescente consapevolezza della necessità di abbracciare le tesi secessioniste) e sul mondo politico, affinché si metta al servizio di quanti intendano decidere del proprio futuro attraverso il diritto all’auto-determinazione dei popoli. E sempre nell’ottica dell’internazionalizzazione delle rispettive autodeterminazioni si sta lavorando per favorire un viaggio in Veneto di Carles Puigdemont, ex presidente della Generalitat de Catalunya, oggi in esilio per sfuggire alla sorte dei 21 suoi colleghi attualmente ospiti delle prigioni spagnole. Il proposito non è quello d’informare le istituzioni. Esse conoscono perfettamente il problema e i protagonisti. L’obiettivo è, invece, quello d’informare l’opinione pubblica troppo spesso fuorviata dai mass-media di regime.

Le rivendicazioni auto-deterministiche prendono consapevolezza e forza dalla constatazione che sarebbe realmente necessaria una maggior sovranità cultural-politico-economica dei popoli che attualmente sono inglobati negli Stati dell’Ue. La leadership europea, infatti, sembra essersi rivolta in direzione opposta. In un mondo che sta diventando sempre più multipolare, non si può abdicare da ogni genere di sovranità, politica, economica e difensiva; questa è la ricetta per un disastro. E infatti i “virili” Stati ottocenteschi, come pure l’Ue, stanno traballando sempre più vistosamente.

Le constatazioni che si sono fatte a livello veneto riguardano la consapevolezza d’essere un antico popolo. D’avere una propria specifica lingua e cultura. Di avere valorizzato e preservato un patrimonio architettonico,  paesaggistico, ambientale, escursionistico e folcloristico che pone la regione al top delle presenze turistiche della penisola. E questo malgrado le devastazioni delle due guerre mondiali; la prima delle quali fu combattuta esclusivamente in queste terre. Del resto si vede solo nella autodeterminazione la garanzia per il Veneto nell’adottare misure per salvaguardare la sua sicurezza e integrità territoriale, considerata la violazione della garanzia statale italiana riscontrata più recentemente anche con l’inadeguatezza o la scarsità di supporti per le recenti e catastrofiche devastazioni ambientali provocate in particolare nella provincia di Belluno. 

Perseguire un’autodeterminazione pacifica, per il Veneto è qualcosa che riguarda la sopravvivenza. Nessuno vuole un colpo di Stato che rovesci la falsa e corrottissima democrazia italica. Ma, come giustamente hanno osservato alcuni autorevoli imprenditori presenti alla riunione dellAsenblèa Veneta, il debito con il quale l’attuale governo intende avviare le sue riforme, è una nuova forma di colonialismo. I vecchi colonizzatori si sono trasformati in tecnici dell’aiuto umanitario. Sono stati loro a proporre i canali di finanziamento, dicendo che erano le cose giuste da fare per far decollare lo sviluppo dell’Italia, la crescita del suo popolo e il suo benessere. Hanno operato affinché il Veneto, il suo sviluppo e la sua crescita obbediscano a delle norme, a degli interessi che le sono totalmente estranei. Hanno fatto in modo che ciascun cittadino sia, oggi e domani, uno schiavo finanziario. L’attuale tassazione è compulsiva, persecutoria e anti-concorrenziale. Se il Veneto – che dalla crisi del 2007/8 ha perso circa il 25% della sua imprenditorialità – continuerà la sua “discesa agli inferi” non potrà più risollevarsi. E non sarà chi è costretto ad andare per stracci che potrà essere elemento di progresso e prosperità.

Nel capitolo II, del libro: «Secessione – Quando e perché un paese ha il diritto di dividersi», Allen Buchanan dimostra che un gruppo può lecitamente opporsi allo Stato con la forza qualora si trovi a essere vittima di una ridistribuzione discriminatoria – ossia, qualora le politiche economiche o fiscali dello Stato operino sistematicamente a detrimento di quel gruppo e a beneficio di altri, in assenza di una valida giustificazione morale per questa difformità di trattamento. In terzo luogo, ritiene che, a certe condizioni, un gruppo sia legittimato a secedere quando ciò risulti necessario alla tutela della sua particolare cultura o forma di vita comunitaria. Ciascuna di queste conclusioni rappresenta una brusca dipartita rispetto a quella che spesso viene ritenuta una fondamentale caratteristica dell’individualismo liberale: l’esclusiva preoccupazione per i diritti individuali, e il conseguente insuccesso nel valutare l’importanza della comunità o della appartenenza al gruppo per il benessere, e per la stessa identità dell’individuo.

Si è constatato come le voci dell’autonomismo non siano altro che Sirene. Luca Zaia, oggi, è percepito dall’opinione pubblica come un indipendentista che vuole raggiungere l’obiettivo attraverso l’autonomia. Ma nessuno può servire due padroni (vedi qui). Per giunta quella di cui si discute è un’autonomia che non modifica in alcun modo la situazione di sfruttamento che il Veneto subisce dato che si parla di  «un’autonomia “a costi storici”: b) le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali prescelti […] andranno determinate facendo anche riferimento, […] al volume della spesa storica sostenuta dallo Stato nella Regione e riferita alle funzioni trasferite o assegnate».

Ovvero, lo Stato lascerà le competenze alla Regione, ma non i soldi per provvedervi. Sicuramente non per il primo anno, come appare dal documento sopra indicato. Ed è scendendo sul “terreno” che scopriamo allora la più totale confusione, col fenomeno che ci preme denunciare ed esaminare in questa breve cronaca. Succede in continuazione che la confusione tra i due “territori”: politico e democratico, sia quotidianamente esercitata dai rappresentanti in forma del tutto arbitraria. In realtà l’attuale Presidente della Regione Veneto, e i suoi sodali, altro non sono che agenti dell’inefficiente Stato italiano, il quale neppure un’autonomia degna di questo nome concederà a lui ed ai veneti. 

È stata evocata un’immagine efficace: superare l’effervescente galassia indipendentista, perché rappresenta elementi che percorrono una propria orbita, per introdurre il concetto di mosaico, dove ogni tessera con i suoi colori e le sue sfumature contribuisce alla rappresentazione di un disegno complessivo.  Asenblèa Veneta si proporrà come facilitatore di un progetto politico-istituzionale proprio in funzione dell’instabilità del quadro politico internazionale. Si punta ad un’Europa dei popoli e non degli Stati. 

La riunione padovana summenzionata è stata beneficiata da un pubblico numeroso che non solo ha riempito la sala della conferenza, ma anche le sale adiacenti con persone in piedi. Intenzionalmente non abbiamo fatto alcun nome sia per evitare dimenticanze, sia perché troppo lungo sarebbe stato l’elenco. Si sono visti i volti noti dell’autonomismo-federalismo della prima ora, approdati all’indipendentismo a causa della sordità delle istituzioni italiane. E fendendo la folla dei presenti si potevano raccogliere gli echi, i sussurri, le speranze per una filosofia politica autoctona, che si opponga rigorosamente ad ogni attacco alle persone e alle proprietà degli individui.

Un ordinamento che deve ruotare attorno alla «sovranità dell’individuo», e alla democrazia diretta. Che superi  la compulsiva «aggressione» fiscale. L’idea è che ogni individuo pacifico deve avere la libertà di disporre della propria persona, del proprio tempo, e delle proprie risorse nel modo che più gli aggrada. La forza è ammissibile solo come autodifesa, e solo se è rivolta contro l’aggressore, non contro il rappresentante di una classe. Un individualismo che respinge lo Stato italiano proprio perché rappresenta l’istituzionalizzazione della forza contro i pacifici individui.

Enzo Trentin

vicenzareport.it

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