NELL’ULTIMO DECENNIO AUMENTATA DEL 70 PER CENTO LA PRODUZIONE DI FALSO ITALIANO

Il falso made in Italy ha un giro d’affari illegale di 100 miliardi di euro
VICENZA.“La legalità conviene sempre, non è un fastidio avere delle regole, non è un optional e questo vale anche per l’intera filiera dell’agroalimentare. Il made in Italy tira, vale 340 miliardi di euro, con 2,5 milioni di persone impiegate al suo interno, ed è il migliore ambasciatore del nostro Paese all’estero. Ma questi numeri attirano anche fenomeni mafiosi, come appunto l’agromafia, una mafia cioè sempre più liquida, capace di inserirsi dovunque, dal campo agli scaffali fino alla distribuzione”. Con queste parole Gian Carlo Caselli, già procuratore della repubblica, membro del consiglio direttivo Eurispes e presidente del comitato scientifico “Osservatorio Agromafie”, è intervenuto questa sera al convegno sul tema “Le tutele del made in Italy e le agromafie”, svoltosi a Palazzo Chiericati, a Vicenza, e promosso da Coldiretti Vicenza e Veneto, reso possibile grazie alla Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare e Libera, con il patrocinio del Comune di Vicenza e della Regione del Veneto ed il contributo della Camera di commercio di Vicenza.

A catalizzare l’attenzione, dopo il saluto delle autorità, l’intervento del presidente del Comitato scientifico Fondazione “Osservatorio Agromafie”, Gian Carlo Caselli, cui sono seguiti Alberto Zannol, direttore della Direzione Agroambiente della Regione Veneto e Gianna Di Danieli, esperta in materia.

L’incontro, moderato da don Luigi Tellatin dell’Associazione Libera di Vicenza, è stato introdotto dalle musiche del cantautore Davide Peron.

“Si registra una crescita record del 70% nell’ultimo decennio di produzione di falso italiano, per un valore stimato di 100 miliardi di euro, un inaccettabile danno all’immagine del Made in Italy a tavola – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – poiché non solo rubano mercato e posti di lavoro a tutta la filiera agroalimentare italiana, ma ingannano i consumatori di tutto il mondo. Le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi, i salumi più prestigiosi, ma anche gli extravergini di oliva e le conserve. Mettendo le mani sull’agroalimentare in territori dove l’agricoltura è il settore economico centrale, la malavita si infiltra in modo capillare nella società civile, condizionando la vita quotidiana delle persone e affermando il proprio controllo sul territorio”.

Coldiretti ha coniato il neologismo “agropirateria” per descrivere il panorama criminale. “Il fenomeno criminale si sviluppa – ha concluso Cerantola – attraverso la vendita, le importazioni, la manipolazione e la trasformazione di prodotti agricoli di dubbia qualità e provenienza, che giungono nel nostro Paese e diventano “made in Italy”, fregiandosi in modo fraudolento dell’immagine che accompagna, nel mondo, le produzioni del nostro territorio”.

“Per questo occorre affiancare le norme sulla legalità e sui corretti rapporti di lavoro, anche attraverso una nuova trattativa sul rinnovo dei contratti di lavoro provinciali, all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari. Lo scenario “evolutivo” delle agromafie – prosegue Caselli – è drammaticamente dilagante. Vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti, ora anche sul web, che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”.

“E da notare che si opera non tanto nel settore della merce, ma in quello del cibo, cioè della tutela della salute pubblica – chiosa l’esperta Gianna Di Danieli – evidenziando che bisogna arrivare al punto, ad esempio, di chiedere al Tar sloveno croato un intervento sul loro supermercato a tutela della salute. A questo punto sarà il titolare dell’esercizio commerciale a non accettare più prodotti contraffatti o non chiaramente individuabili, che pongano a rischio l’apertura di tutto il negozio. Detto in altre parole, il commerciante non rischierà il guadagno marginale su una mozzarella a fronte del pericolo di chiudere il negozio per una settimana”.

“Nel sistema regionale, fatto di eccellenze e di prodotti d’eccellenza, sono fondamentali garanzia, valorizzazione e tutela del prodotto. Se non c’è tutela – sottolinea Zannol – si disperdono gli investimenti fatti sulla valorizzazione. Quanto all’agromafia, invece, occorre ricordare che la Regione Veneto è impegnata nel contrasto del lavoro nero, assieme ad altri soggetti istituzionali preposti. Non dobbiamo dimenticare, poi, che ogni imprenditore è responsabile di ciò che fa, anche rispetto al sistema produttivo veneto”.


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