EDITORIA E CONTRIBUTI: SERVONO NUOVE REGOLE

Tutelare il pluralismo, l’indipendenza dell’Informazione ma anche chi crea posti di lavoro e produce Cultura. Il caso Radio Veneto Uno.
L’uscita del senatore Vito Crimi, sottosegretario con delega all’Editoria è coraggiosa e ragionevole. Dopo oltre quarant’anni di lavoro nell’informazione ci sia concesso dire, a titolo di contributo, che non serve togliere i finanziamenti, sarebbe sufficiente un provvedimento che inverta le attuali priorità nell’assegnazione dei fondi: va privilegiato chi svolge servizio di informazione di interesse generale, così come riconosciuto dalla legge e chi opera in ambito locale (si tratta della maggior parte delle imprese anche in termini di posti di lavoro). Non esiste un giornalismo di serie A ed uno di serie B, esiste il chiaro principio costituzionale del pluralismo dell’informazione. Chiunque lavori in questo settore fondamentale ha pari dignità. I soldi dei contributi pubblici vanno al* *lavoro e devono essere commisurati alle copie vendute, non a quelle dichiarate. I soldi pubblici non devono servire per i dividenti dei soci, ma garantire corretta informazione e posti di lavoro. I grandi gruppi editoriali hanno di fatto il monopolio della pubblicità nazionale, non serve essere economisti per rendersi conti che per loro il ritorno economico è importante ed è corretto dare a loro quello che rimane dei contributi pubblici, dopo aver sostenuto le piccole testate locali che effettivamente svolgono attività di interesse generale. Bisogna garantire il giusto compenso a giornalisti e dipendenti, ai dividenti degli azionisti ci deve pensare la pubblicità, non lo Stato. L’invisibile ambito locale rappresenta forse la più capillare e seguita rete. E’ un dovere controllare che i fondi elargiti vadano effettivamente al sostegno dell’informazione, non sempre succede e non parliamo di importi modesti.
Nella nostra esperienza, nei decreti emanati dalla Presidenza del Consiglio in tema di editoria abbiamo sempre letto “VISTO il decreto…VISTA la legge…”, non abbiamo mai letto “VISTO l’articolo 2, 3, 4 e 21 della COSTITUZIONE”, non abbiamo ma letto “VISTO l’articolo 1, comma 1245 della Legge 27 dicembre 2006” che cita il principio costituzionale del pluralismo dell’informazione. Non abbiamo mai letto nemmeno “VISTO l’articolo 1, comma 1247, della Legga 27 dicembre 2006”, ovvero la parte che dice: “… nonché alle imprese radiofoniche private che abbiamo svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della Legge 7 agosto 1990, numero 250.”. Non abbiamo mai letto: “VISTE le sentenze della Corte Costituzionale n. 105, del 1972; n. 255, del 1974 e n. 94, del 1977” che hanno dato all’informazione il servizio di interesse generale, indirettamente protetto anche dalla Costituzione (art. 21). Nei decreti ricevuti dall’Ufficio per il Sostegno all’Editoria non abbiamo mai letto: “VISTO l’emendamento lettera bis, articolo 44, della Legge n. 133, del 6 agosto 2008” che di fatto ha restituito in inviolabile diritto soggettivo ad un diritto acquisito. Invece, solo per fare un esempio, il decreto relativo alla nostra contribuzione per l’anno 2010, non ci è mai arrivato, lo abbiamo richiesto a termini di legge e solo pochi giorni fa ci è pervenuto. Un decreto mai arrivato che di fatto ci ha impedito di far immediato ricorso per la violazione di un diritto acquisito per legge ma non solo.
Nei decreti abbiamo invece visto citata una fonte secondaria, il D.P.R. n. 223, del novembre 2010, autentico capolavoro di alta giurisprudenza con il quale pare siano stati fatti delegificare da Parlamento principi giuridici assoluti come il diritto acquisito per legge; il principio costituzionale del pluralismo dell’informazione, come appena scritto; fonti primarie e, capolavoro dei capolavori il D.P.R. ha anche delegificato tre sentenze della Corte Costituzionale che hanno dato all’informazione il servizio di interesse generale, indirettamente protetto dalla Costituzione. Dal novembre 2010, con il D.P.R. n. 223, il servizio di “Interesse Generale” viene direttamente conferito da una legge di monopolio, la n. 230, del 2 agosto 1990, abrogando anche il principio costituzionale del pluralismo dell’informazione. Una incredibile vicenda di spropositati contributi pubblici se vale ancora quanto pubblicato nei siti ufficiali e nei bilanci certificati. Legittimo chiedersi quale sia stato il ruolo dei vertici dell’Ufficio per il sostegno all’editoria. Sono leggi, dati di fatto sui quali nessuno ha avuto il coraggio di indagare e parlare.La nostra contribuzione, invece, è progressivamente diminuita.L’augurio è che sia fatta giustizia, senza togliere posti di lavoro a nessuno.
Recentemente il MISE ha pubblicato la graduatoria per quanto riguarda i contributi alle emittenti radiofoniche riferiti al 2016. Radio Veneto Uno è risultata la prima in Veneto, diciassettesima in Italia, per numero di dipendenti. Non abbiamo ottenuto punteggi dal reparto commerciale perché sono proibiti introiti pubblicitari eccedenti il 20% della contribuzione, quindi insignificanti.
Dipendiamo dall’Ufficio per il sostegno all’Editoria, che ci ha inspiegabilmente tolto gran parte della contribuzione a piacimento, costringendoci, nel 2017, a subire 5 licenziamenti, ne consegue oltre all’umiliazione e al grave danno di immagine, un rilevante immediato danno economico per il cospicuo taglio che subirà la contribuzione dal MiSE per l’anno 2017. Non è forse una violazione dell’art. 1, comma 1245 della sopracitata Legge n. 296 del 27 dicembre 2006. Per questo motivo, il 20 ottobre 2017 abbiamo presentato all’ufficio per il sostegno all’editoria. “denuncia di violazione di diritti di legge”, abbiamo poi letto nel decreto pervenuto, che il 2 novembre 2017, l’Autorità Politica con la delega all’Informazione e all’Editoria ha sostituito il Direttore del Dipartimento. Non abbiamo avuto torto ad opporci all’evidenza della precisa volontà di eliminare al tutti costi chi opera nell’informazione locale, anche violando principi giuridici assoluti.Soli, abbiamo coraggiosamente difeso i posti di lavoro a qualificati giornalisti, tecnici e personale, ma anche il pluralismo, la libertà di informazione, la democrazia.Ci permettiamo di dare un contributo concreto, sottolineando punto per punto, quanto abbiamo letto nella dichiarazione del Senatore Vito Crimi.
Il Senatore Crimi ha scritto di: “un sistema malato che ha premiato i PRENDITORI e NON i lettori – o gli ascoltatori aggiungerei – NON L’INFORMAZIONE, NON LA LIBERTA’ di stampa”, come, dargli torto, rispondiamo con l’esperienza vissuta in prima persona, lo abbiamo appena scritto subito sopra: si può e si deve cambiare curando da subito un sistema che, fino ad oggi, ha premiato solo gli interessi dei grandi gruppi.
Siamo del parere che non occorre tagliare loro i contributi, la cura è semplice: da subito si deve privilegiare la libera INFORMAZIONE di interesse generale, la più vicina alla gente, questo è il vero scollamento, informazione che si occupi di: Politica, Religione, Economia, argomenti Sindacali, Sociali senza trascurare la Cultura, la più potente arma di protezione al mondo, basta saper leggere la storia. Infatti la nostra storia insegna che siamo stati piegati dalla fame e dalla miseria, e ci hanno insegnato che: “co ea cultura no se magna…” parole tarlo che valgono per tutta Italia: “con la cultura non si mangia”, basta guardarsi intorno per capirne gli effetti. Ben vengano i cambiamenti…
Scrive ancora: … “Oggi i giornalisti si trovano precari e sottopagati, sfruttati senza tutele. Zero tutele anche per altri soggetti della filiera come le edicole (ne chiudono 3 al giorno)”, ci permettiamo di aggiungere, per esperienza diretta vissuta che nella classifica 2016 del MiSE, grazie alle contribuzioni difese con gli artigli, la nostra è la prima radio del Veneto per dipendenti assunti, pagati, da subito, per scelta, qualcosa in più del minimo contrattuale, a livello nazionale siamo al 19mo posto (non sono inclusi i musicisti professionisti che collaborano con noi, hanno analoghi problemi per ben noto i tagli alla Cultura, ci aiutano, non gratuitamente (ma nemmeno possiamo dare loro quanto meriterebbero), con i sensi della cultura, insieme siamo comunque a creare un prodotto di altissima valenza artistica, consapevoli che la radio è la “cassa armonica” l’amplificatore che rischia di aiutarli davvero e li sta aiutando, quantomeno a sensibilizzare il pubblico. Un lavoro per il palinsesto oneroso per le nostre possibilità, al quale crediamo e che sta dando risultati che meritano massimo sostegno. Abbiamo dimostrato che di può e si deve fare bene rispettando chi lavora con serietà, le leggi e il territorio anche in ambito locale.
– E di seguito: … “Radio Radicale da sola prende un contributo fisso da 4 milioni di euro…(oltre alla convenzione col ministero delle Sviluppo Economico); ne abbiamo dato cenno in partenza, è esatto: 4 milioni più altri 10 milioni dal MiSE come dice la legge di bilancio 2017, all’art. 8, comma 8; questi senza alcuna rendicontazione, a fronte di costi certificati in bilancio, come pubblicati nel loro sito, pari a 4,7 milioni di euro; eccedenza di 700mila euro di costi certificati in bilancio che, giustamente, deve essere coperta dalla contribuzione senza rendicontazione del MiSE; 10 milioni di euro non sono forse una esagerazione, il resto della contribuzione pubblica, a che titolo viene concessa. Ai radicali il citato D.P.R. 223/2010, che conferisce interesse generale alla legge di monopolio (la 230/90) riservata solo a loro, cosa ha fruttato contribuzioni pubbliche in questi ultimi 10 anni, si moltiplichi, si tratta di un ammontare piuttosto ingente (una somma aritmetica, ovvero la matematica, non è opinione).

Per il citato principio costituzionale del pluralismo dell’informazione, certamente va loro garantita la piena contribuzione, ovvero tutto, l’ammontare certificato in bilancio; se hanno certificato e pubblicato nel loro portale 4,7 milioni, vanno onorati tutti; sarà un taglio ben maggiore della metà annunciata dal Senatore Crimi; la contribuzione non va tolta, ma adeguata, vanno perseguiti i funzionari incompetenti. I tagli non devono ricadere su chi lavora nell’informazione, se è seria informazione: da chiunque arrivi, è un servizio da tutelare. “Non condivido quello che dici, ma darei la vita purché tu lo possa dire”, l’aforisma di Voltaire è sempre attuale.
– Scrive sempre il Sen. Crimi: “Progetti realmente innovativi, al passo con le nuove tecnologie, che abbiano al centro il lettore – aggiungiamo l’ascoltatore – e favoriscano un vero pluralismo e la verificabilità delle notizie”;
ha ragione il Senatore, è esattamente quanto sta scritto all’art. 1, comma 1245 della legge n. 296, del novembre 2006, puntualmente disatteso dall’Ufficio per il Sostegno all’editoria dal 2010. Di contro, è quanto documentiamo di avere svolto nel portale web: w.w.w.venetouno.it dal quale si leggono queste note; la legge 296/2006 non risulta sia stata delegificata. Abbiamo subito tagli illegittimi tagli (lo scrivono le leggi), malgrado questo dagli inizi del web, la nostra modesta realtà ha concretizzato una vera e propria piattaforma multimediale: radio in FM, portale di informazione web (dicono autorevole), canale video web e informazione ad uso “social network”; produzioni audio e video di alto livello per le iniziative di informazione culturale sulla musica classica, tutte auto-prodotte (la radio è anche musica, e la musica classica è cultura) e la cultura è voce di palinsesto di legge. Sarebbe importante che la riforma ci riconosce produttori di informazione e cultura anche per il digitale terrestre, grazie al web, oramai non esiste soluzione di continuo il video è parte integrante del nostro lavoro, le televisioni locali come il mondo della cultura hanno bisogno di lavoro e fornire contenuti di qualità è un aiuto non secondario per la creazione di nuovi posti di lavoro. Di settore, ma sempre di informazione di altissimo livello si tratta, un sostegno non indifferente per la cultura.
– Prosegue ancora il Senatore: ”Strumenti per l’informazione dal basso, partecipata;
Parliamo sempre per esperienza diretta: siamo organo di informazione di interesse generale del nostro territorio, i nostri notiziari e rubriche di informazione rispettano questa logica: il portale è seguito da tutte le istituzioni e dai media anche nazionali che ci interpellano spesso; abbiamo sempre ospitato tutti, mai discriminato nessuno, men che meno le realtà più modeste.
– Continua il Senatore: “progetti culturali che sappiano educare i nostri ragazzi ad interpretare correttamente gli innumerevoli stimoli informativi che ricevono”;
condividiamo pienamente, lo testimonia circa l’80% dello spazio che dedichiamo a tutto ciò che fa informazione, compresa la musica di cultura, ambito di lavoro talmente vasto e importante da motivare un piccolo efficiente dipartimento della redazione; essendo una radio, non è trascurata la musica emergente di: cantautori, cantanti e gruppi del nostro territorio (Garage Music). La piattaforma multimediale (radio, portale web canale video web e “social network”), devono servire per dare loro visibilità e soddisfazione, esattamente come avviene per la grande musica classica. Come dice il Senatore Crimi, è educare i nostri ragazzi ad interpretare correttamente gli innumerevoli stimoli informativi. In questo senso, non ultimo il lavoro di informazione che svolgiamo con il web, alle comunità venete di lingua veneta madre (solo in Brasile, parlano e scrivono in lingua veneta arcaica, qualche milione di nostri conterranei).
– Conclude il Sen. Crimi: “sostegno al sistema distribuzione: penso a quella rete di 28 mila edicole, e quindi 28 mila famiglie, che può ancora offrire tanto in termini di servizi ai cittadini…”.
Ci permettiamo di aggiungere: indiscutibile, non solo, tanto deve valere anche per quelle decine di migliaia di giornalisti, tecnici, operatori culturali come ad esempio musicisti di grande levatura (la radio è anche musica e la musica classica è cultura che sta declinando nell’oblio). Sono tutte professionalità che troverebbero lavoro con risorse che ci sono, purtroppo messe a disposizione solo a pochi grandi gruppi editoriali. l’informazione locale è la vera spina dorsale del paese: libera da condizionamenti e da interessi di parte, presente in modo capillare su tutto il territorio nazionale, la forza lavoro impiegata è molto, molto più vasta. Un servizio fondamentale e immediato che purtroppo non incassa dalle vendite in edicola, il sostegno pubblico è indispensabile.
Ci permettiamo questo intervento perché consapevoli, malgrado le umilianti condizioni di difficoltà alle quali siamo stati costretti dai molti “VISTO…” mai letti nelle 3 o 4 pagine di questi preamboli, abbiamo comunque cercato di onorare massimo rispetto al palinsesto di cui all’art. 4, della legge n. 250/1990; punto d’orgoglio l’informazione svolta per la cultura nella musica classica, prodotta direttamente, tanto che, oggi, la realtà è l’unica impresa radiofonica privata italiana, con la propria Orchestra da camera e propria Orchestra Filarmonica, entrambe in grado, artisticamente, di confrontarsi con grande dignità con le colossali formazioni delle radio cittadine d’oltralpe (Rundfuk-Orchester della Radio di Berlino, la H-R Sinfonie-Orchester di Radio Francoforte, la Rundfunk-Orchester della Radio di Monaco solo per un qualche esempio); il nostro dipartimento da anni organizza e produce manifestazioni didattiche a scopo educativo, vere e proprie rassegne e un suo Festival. Indiscutibile serio lavoro sul territorio.
La redazione ha sempre lavorato per portare la politica (e la cultura) alla gente e la gente alla politica (e alla cultura), poco noto, ma è forse il modo più nobile di fare politica, partiti e movimenti tutti, hanno sempre avuto spazio, mai discriminato nessuno e di questo tutti ci danno atto. E’ questo il senso del nostro piccolo movimento, fondato ai sensi dell’art. 49 della Costituzione proprio per questo e per dare sostegno al suo mezzo di informazione, la radio, be altro che predare pubbliche contribuzioni.I contributi pubblici, a noi sono serviti per creare seri posti di lavoro e per dare un serio servizio di informazione indipendente alla Società nel nostro ambito di copertura. Toglierli lentamente ma inesorabilmente con eloquenti disposizioni di delegificazione, a realtà come la nostra, è stato violare un diritto soggettivo a un diritto acquisito per legge; è stato violare il principio costituzionale del pluralismo dell’informazione; è stato violare gli articoli 2, 3, 4 e 21, della Costituzione; è violare la democrazia. Non sono opinioni personali, sta ben scritto nelle citate leggi.
Impossibile dare un serio servizio di informazione di interesse generale alle comunità locali, onorando il giusto compenso a professionisti in redazione, tecnici e collaboratori esterni e fare seriamente informazione con la cultura. Impossibile raccogliere pubblicità sufficiente alla copertura delle spese, impossibile anche perché il paradosso vuole sia espressamente proibito dalla contribuzione che riceviamo.
Non serve togliere nulla a nessuno, basta invertire l’ordine di precedenza e dare le contribuzioni con numeri alla mano: sulle copie effettivamente vendute e non sulla tiratura dichiarata (restituendo agli edicolanti adeguato potere contrattuale); priorità ai contributi dell’informazione locale (restituendo il pluralismo); il rimanente ai grandi gruppi editoriali, ben protetti dagli introiti delle vendite e dalla pubblicità locale e dal totale monopolio della pubblicità nazionale: gli utili da spartire dal confronto quotidiano con il mercato.
I contributi pubblici vanno garantiti all’informazione, prima di tutto a quella locale, non omologata a interessi di parte e controllata che non sia finalizzata ai dividendi degli azionisti, essendo appunto contributi pubblici; la migliore garanzia al pluralismo e a un sano confronto democratico.

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