Sulle riforme c’è poca gara d’intelletti

Vicenza – Una volta un vecchio professore, riferendosi alla monografia che gli era arrivata sotto il naso, se ne uscì con una battuta fulminante: «Su questo libro nessuno potrà mai dissentire. Non dice nulla!». Analogamente non dice nulla la notizia che lo storico Valerio Castronovo (84enne intellettuale di riferimento per generazioni, docente a Milano e poi a Torino, e autore di numerosi libri) ha deciso di iscriversi all’Ordine dei Giornalisti. A consegnargli la tessera, il 18 marzo 2019 a Torino, è il presidente dell’Ordine regionale del Piemonte, Alberto Sinigaglia.

«Ho chiesto di iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti perché credo nel magistero civile della stampa, nel suo valore come anello fondante dei sistemi democratici, in un momento delicato nel quale si crede di poter fare a meno dei corpi intermedi come il giornalismo, i partiti politici, la magistratura, l’associazionismo», spiega Castronovo e continua: «La libertà raggiunta dopo grandi battaglie sta correndo pericoli in un momento in cui si vuole promulgare la democrazia diretta come alternativa a quella rappresentativa. Il giornalismo ha il dovere, civile e morale, di tenere alta l’attenzione aiutando a distinguere il vero dalle campagne elettorali del momento.»

Ebbene, qui ci troviamo di fronte a un membro dell’Intelligencija che ha contribuito alla costruzione della repubblica nata dalla Resistenza. È ovvio che, sia pure in buona fede, desidera continuare a fare Dizinformacja. Siamo alla “Grande Depressione” delle idee, non solo degli spiriti, giacché scorgiamo all’orizzonte i barlumi d’una civiltà al tramonto. Infatti, affermare che c’è chi opera per “la democrazia diretta come alternativa a quella rappresentativa”, è un grande abbaglio. Infatti la democrazia diretta non è l’esercizio compulsivo del cittadino “sovrano” (Art. 1, Comma 2, di quella Costituzione più bella del mondo) ma uno strumento di deterrenza alle derive della democrazia rappresentativa. 

Non so come la pensiate voi lettori, ma io provo sgomento quando annego nel fiume di commenti sulla nuova legge elettorale o sul reddito di cittadinanza o sull’autonomia del Veneto e della Lombardia o su qualche altra invenzione della partitocrazia che cerca di stare a galla. Certo è che se in Italia azzardi un’idea fuori dal coro ricevi critiche taglienti come scudisciate. 

Dovrebbe valere la massima di Voltaire: «Volete buone leggi? Bruciate quelle che avete, e fatene di nuove». Ma abbiamo visto che la partitocrazia (ovvero la democrazia rappresentativa) non solo non è capace di fare buone leggi, non ne ha proprio l’interesse. Ecco quindi la funzione della democrazia diretta. In altre parole: tu rappresentante (che non dimentichiamolo sei un delegato) non prendi questo o quel provvedimento? Allora siamo noi cittadini “sovrani” che indiciamo un’iniziativa, e chiediamo alla maggioranza del “popolo sovrano” di decidere con il voto.

Ciò premesso, in questa occasione mi occuperò di due strumenti per l’esercizio della democrazia diretta che tanto spaventano il potere costituito in Italia. 

  • Il Recall è un’elezione di richiamo (chiamata anche referendum di richiamo o richiamo rappresentativo), che è una procedura mediante la quale, in alcuni Stati, gli elettori possono rimuovere un funzionario eletto tramite un voto diretto prima che il mandato di quel funzionario sia terminato. 

Negli Usa per il Recall ogni Stato ha le sue regole e qui si possono rilevare motivi ammissibili. Per esempio:

  • Florida: Malcontento, negligenza, ubriachezza, incompetenza, incapacità permanente di svolgere compiti ufficiali, e convinzione di un crimine che comporta turpitudine morale.
  • Georgia: Atto di comportamento illecito o condotta scorretta in ufficio; violazione del giuramento d’ufficio; mancata esecuzione dei compiti prescritti dalla legge; abuso volontario, convertito o altrimenti sottratto, senza autorizzazione, proprietà pubblica o fondi pubblici affidati o associati all’ufficio elettorale a cui il funzionario è stato eletto o nominato. Esecuzione discrezionale di un atto legittimo o di un dovere prescritto non costituisce un motivo per il richiamo di un funzionario pubblico eletto.
  • Kansas: Condanna per un crimine, una cattiva condotta in ufficio, incompetenza o mancata esecuzione dei compiti prescritti dalla legge. Nessun richiamo presentato agli elettori sarà annullato a causa dell’insufficienza dei motivi, della domanda o della petizione con la quale è stata fornita la richiesta.

Qui un elenco e i risultati delle azioni di Recall, e qualsiasi disarmato elettore italiano comprende all’istante che se questo istituto di sovranità popolare o democrazia diretta fosse esercitabile in Italia, il Parlamento e i Consigli regionali, provinciali e comunali, sarebbero totalmente differenti. 

  • Il sorteggio

Per superare le inefficienze e i malanni della partitocrazia, l’ispirazione di Beppe Grillo (in realtà arriva buon ultimo, ma la sua è una ridondanza mediatica che lo fa prevalere sugli altri) risiede nell’introdurre il sorteggio al posto delle elezioni almeno per un ramo del Parlamento. Oltre, beninteso, negli Enti Locali. L’idea – come detto – non è nuovissima ed è stata sperimentata nel corso della storia in vari modi e varie gradazioni dalla Boulé dell’Atene classica alla Venezia dei Dogi, alla Signoria di Firenze. Ma la Boutade del Beppe nazionale, non sembra ancora essere interiorizzata dal M5s. E questo quotidiano, sul sorteggio ha già pubblicato quiqui e qui.

Se si guardasse con arguzia all’alito vitale della Carta Europea dell’Autonomia Locale (“proposta” dalla Ue) si scoprirebbe che a livello comunale si può avanzare una “moderna” e “rivoluzionaria” iniziativa puntando, per esempio, sull’utilizzo della struttura dell’ufficio elettorale comunale, al quale tutti per diritto sono iscritti. Da qui sottoporre a sorteggio l’equivalente degli “aristocratici” (i migliori), la riforma potrebbe consistere nell’iscrizione a un preciso compartosu base volontaria i candidati. In tal modo le persone che non hanno tempo o voglia da dedicare alla Res Publica o si sentono inadeguate al ruolo, verrebbero auto-escluse preventivamente. Mentre (e questo è determinante) le persone da includere nel sorteggio esprimerebbero così un preciso impegno. Infine per constatare la rispondenza all’incarico per loro sorteggiato, dovrebbero superare aprioristicamente un apposito esame.

Di questo orientamento ci sono degli autorevoli cattedratici come per esempio Michele Ainis che da molti anni si occupa di democrazia diretta, e già nel 2012 scriveva: «C’è poi l’idea di trasformare il Senato in una Camera dei cittadini designati per sorteggio. È un’idea eretica, lo so, benché sperimentata già nell’antica Atene, e secoli dopo anche a Venezia. Come funzionerebbe? Intanto con due Camere, non con tre né con trentatré. La Camera dei deputati resterebbe tale e quale: eletta, ma sottoposta a Recall. Se la revoca anticipata vale per il governatore della California, può applicarsi pure al parlamentare Domenico Scilipoti. A questa Camera spetterebbe il compito di scrivere le leggi e decidere la sorte dei governi; rispetto al nostro bicameralismo paritario, mi sembra una bella semplificazione.

Quanto alle leggi d’iniziativa popolare, potrà approvarle o rifiutarle entro sei mesi; altrimenti la proposta diventa un referendum propositivo, istituto già previsto nella Costituzione di Weimar del 1919. E l’altra Camera? Propone, verifica, controlla. E decide sugli argomenti che pongono i deputati in conflitto d’interessi. Per esempio l’indennità parlamentare, la verifica delle elezioni, il finanziamento dei partiti. Io credo che otterremmo un grado di corruzione in meno, non uno in più.» E ancora qui un altro articolo di Ainis che tratta lo stesso argomento con il titolo: ”La Democrazia a Sorteggio”

Quali sarebbero i vantaggi del sorteggio? Come ha dimostrato la teoria della scelta pubblica (ad esempio, Il calcolo del consenso di Buchanan e Tullock), i politici, agendo come individui sufficientemente razionali e quindi volti a massimizzare il loro utile, hanno in primo luogo interesse ad essere rieletti e quindi a procacciarsi il favore di piccoli gruppi d’interessi e lobby che possono rivelarsi determinanti per la vittoria elettorale. L’interesse generale passa in secondo piano.

Inoltre, un politico eletto di sicuro non ha interesse a promuovere delle azioni che risultano elettoralmente svantaggiose nel breve termine. Queste criticità del sistema elettivo, che possiamo pensare siano spesso alla base di protezionismi che rallentano la crescita, di iniquità, della produzione eccessiva di legislazione, dell’aumento del debito pubblico, vengono meno con un sistema di sorteggio. Come divengono assenti le costose campagne elettorali intrise di promesse mai mantenute.

Introdurre dei sistemi di sorteggio per la scelta dei rappresentanti non risolve sicuramente buona parte dei problemi del Paese, che andrebbero affrontati con un approccio opposto a quello attualmente in voga, ossia con un abbandono delle politiche estese di intervento pubblico e di quelle regolatrici, con una minor tassazione, con maggiori autonomie per gli enti locali, con liberalizzazioni; ma sicuramente l’introduzione di sistemi a sorteggio dei rappresentanti è un tema che deve essere capace di avvicinare la verità attraverso la ragione, e va affrontato con attenzione e approfondimento. 

Ed è singolare l’assordante silenzio su questi temi da parte di Riccardo Fraccaro (M5s), ministro per la democrazia diretta e i rapporti con il Parlamento, segno evidente che la prima è a mezzo servizio. Silenzio anche da parte delle liste civiche che troppo spesso hanno poco di “civico”. Silenzio dagli autonomisti che sembra non comprendano che il parlamento è concepito in modo tale da impedire la decentralizzazione del potere. Silenzio dai sedicenti indipendentisti che vorrebbero provare a cambiare le cose attraverso le urne. Non funziona! Sono pregati di guardare alla Catalogna. È necessario che la maggior parte dei cittadini, oggi completamente inconsapevoli della realtà, comincino a riflettere sul fatto che stando così le cose, e perdurando il loro silenzio, non potranno continuare normalmente le loro vite.

Enzo Trentin

vicenzareport.it

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